Le ragioni del firmamento

 

Disco di Nebra

Era una fredda notte.

La luna piena lambiva il cielo notturno, nero come il cosmo più profondo. Illuminava le dune del deserto facendo brillare i granelli di sabbia come pepite d’oro.

Dei carovanieri passavano di lì e la luce della luna proiettava le loro lunghe ombre sulla sabbia. Persi tra le dune essi avanzavano lenti, vagavano senza meta sotto il greve manto di pece guarnito di stelle.

D’improvviso una delle stelle cadde violenta, accecando i carovanieri e aprendo sul loro tragitto un’ampia voragine senza fondo. Il capo carovaniere si coprì gli occhi con il braccio, tanto fu luminoso quello schianto da riportare il deserto a mezzodì. Arrestò il carro appena in tempo, sul ciglio frastagliato di quel buco senza fine.

Una luce simile ma meno intensa usciva da esso, come un segnale proiettato verso il cosmo. I carovanieri si affacciarono al di là del ciglio e la luce li investì. D’immediato divennero loro stessi ombre, nere sagome senza più riflesso sul terreno.

Si guardarono l’un l’altro senza notare il cambiamento, ai loro reciproci occhi essi erano esattamente come prima, l’unica differenza la notarono ai loro piedi, la luce della luna non proiettava più le loro lunghe ombre sulla sabbia e questa non appariva più dorata come l’attimo prima.

Tutti si chiesero che fine avessero fatto le loro ombre, non potevano essere sparite se la luna era ancora lì.

“Muoviti! Muoviti!”, un carovaniere esortò uno dei suoi compagni di viaggio agitandogli le mani dinanzi.

Egli si mosse, camminò in avanti ed indietro, saltò e piroettò, ma della sua ombra non vi fu prova.

Esortò quindi un altro di loro a far lo stesso, ma anche allora nulla si manifestò.

Disperati, i carovanieri si sedettero in fila su di una duna, osservando i loro carri ed i cavalli, anch’essi privati delle loro ombre.

“Perché la Signora Luna non ci illumina più?”, chiese con malumore uno.

Il più vecchio di loro alzò lo sguardo al cielo e vide come le stelle sembrassero ognuna un grande fuoco, incorniciavano la luna come per abbracciarla e proteggerla, e la luna pulsava come fosse viva.

“Siamo stati puniti!”, sentenziò.

Gli altri gli chiesero perché mai avrebbero meritato una punizione. Erano solo dei carovanieri, mercanti in cerca di fortuna. Viaggiavano di notte per salvarsi dalla calura del giorno, pregavano ogni giorno e non pretendevano mai nulla in cambio.

Il vecchio si alzò in piedi e fece qualche passo in avanti, accarezzò uno dei cavalli e poi aprì le braccia al cielo con posa meditativa: “Dobbiamo pregare di notte”.

I carovanieri si guardarono inetti.

Il vecchio continuò: “Noi preghiamo di giorno e ringraziamo il giorno di darci il cibo e il riparo per la notte. Ecco, la notte si è ingelosita e con essa la Signora Luna che ora ci nega la nostra ombra come bussola per il nostro viaggio. È alla notte che dobbiamo rendere grazie per il rifugio e al giorno solo per il cibo”.

I carovanieri si guardarono annuendo.

Il vecchio tornò verso di loro e li invitò a sistemarsi in cerchio. Presero l’uno la mano dell’altro e in coro intonarono un canto alla luna.

Il canto andò avanti per tutta la notte, fino a quando il sole iniziò dal basso ad illuminare la sabbia del deserto e a riproporre la sua calura.

Le ombre non erano tornate e i carovanieri rimasero le oscure sagome che erano divenuti.

Sconfitti e di malumore ripresero il loro cammino alla ricerca di un riparo che non arrivò. Assetati, affamati, allo stremo delle loro forze, essi si accasciarono al suolo come foglie secche.

Le loro nere sagome si amalgamarono con la sabbia somigliando ora a dei buchi nel terreno. Nemmeno i loro cavalli li riconoscevano più, nitrivano e scuotevano le loro teste nella convinzione di essere stai abbandonati nel deserto.

Arrivò di nuovo la notte e con lei di nuovo la luna e le stelle, brillati come fiamme vive.

I carovanieri, ancora mantecati con la sabbia, ora nuovamente fredda e spenta, ripresero forma uno ad uno senza mutare sostanza.

Disperati nel constatare che nulla era cambiato, nonostante le nuove preghiere, nonostante l’impegno nel dedicare sia al giorno che alla notte la loro pia devozione, convennero che era per loro giunto il momento di lasciare questa terra per un’altra.

Rimasero quindi distesi sulla gelida sabbia, amalgamandosi ad essa ed affondando di un piede alla volta all’interno della duna che li accolse.

 

Ma qualcosa successe allo spuntare del nuovo giorno.

I cavalli, ancora attaccati ai carri, rimasero con i loro padroni, senza affannarsi alla ricerca di cibo e riparo. Le loro zampe si assottigliarono e i loro zoccoli affondarono di un solo pollice, mentre le ruote dei carri erano quasi del tutto nascoste dalla sabbia che la luna e il vento mosse verso nord.

Il sole illuminò per la seconda volta consecutiva le nere sagome dei carovanieri. Queste, nonostante fossero ancora scure come il nulla più profondo, iniziarono a riflettere la luce della Sacra Stella, proiettando sprazzi di essa al di là dell’azzurro visibile.

Come polvere di argento  quei riflessi macchiarono il cielo, ed il notturno firmamento si incontrò con la Sacra Stella, condividendo ora lo stesso tempo e lo stesso luogo.

I loro corpi risorgevano dalle sabbie ora tiepide ora brillanti, illuminate di riflesso non solo dal sole alto e a piombo, ma anche dall’argento sparso nel limpido azzurro.

I loro volti iniziarono a riprendere colore, benché i corpi fossero ancora avvolti in una buia tunica cerimoniale. Appena furono in grado di aprire i loro occhi, rivolsero lo sguardo al sole chiedendogli cosa fosse loro capitato.

“Come, non ricordate più?”, chiese loro.

I carovanieri, scambiandosi sguardi di enigmatica questione, si sforzarono di far riaffiorare qualche rimembranza. Ma dalle loro menti non emerse nulla, se non la preoccupazione nel vedere i loro cavalli assetati.

Il sole indicò loro il firmamento.

“Come fanno le suddite stelle a coesistere con il loro re?”, chiese il più anziano di loro.

Esse non potevano incontrarlo, così come non era permesso alla loro guardiana, pena l’invisibilità. Il sole era troppo potente e luminoso perché qualcun altro dell’intera volta celeste potesse convivere con esso.

“Che ne è della vostra vanità?”, chiese quindi il carovaniere.

Il sole si trattenne dall’offendersi e disse loro che la sua non era vanità, bensì necessità: “Se le stelle convivessero con me, così come se lo facesse la Signora Luna, esse avrebbero vita men che meno breve. Non perché io son vanesio, bensì perché la potenza della mia luce ucciderebbe senza rimorso. È per il loro stesso bene che le tengo lontane da me. Ma oggi, voi miseri, avete fatto in modo che io potessi salutare le mie amiche senza poter far loro del male”.

La Sacra Stella, per ringraziarli, rese loro corpi e ombre. Con un raggio tirò a sé una nuvola per abbeverare i cavalli e indicò loro la strada per il ritorno.

I carovanieri si misero finalmente in piedi notando con gran gioia le loro ombre attaccate ad essi. Si abbracciarono e danzarono, pregarono e ringraziarono la Sacra Stella per il grande dono e seguirono il cammino.

 

Come ogni giorno, la notte fece ritorno con puntualità.

Un raggio di luce sbarrò loro la strada ed i carovanieri, spaventati, si bloccarono all’istante e iniziarono la preghiera della notte con gran premura.

La luce che sbarrò loro la strada si diradò, toccando il capo di ognuno con delicatezza.

“So che non è stato intenzionale – disse la Signora Luna – né tanto meno comprendo come voi abbiate potuto avere cotanto potere. Ma io vi ringrazio per il favore offerto, perché dopo secoli ho potuto rendere omaggio di persona al mio amato re. Egli illumina ogni mia rivoluzione perché io possa a mia volta illuminare il vostro cammino, proteggendovi dal suo eccessivo calore. Egli non vuole far del male, conosce la sua immensa potenza, ma non comprende di essere amato nonostante ciò ed evitato a causa di ciò, perché essa come è costruttiva è anche distruttiva”.

I carovanieri ricevettero così i ringraziamenti di tutti gli astri senza ancora comprenderne appieno il motivo. A loro sembrava impossibile che essi non si incontrassero mai, pur sapendo di vivere tutti nello stesso luogo. Era agli uomini che non era concesso vederli tutti assieme allo stesso tempo, fu proprio così che presero forma il giorno e la notte e le loro splendide peculiarità.

“Ditemi, mia adorata Luna. Come abbiamo potuto noi sconvolgere sì tale equilibrio celestiale?”.

La luna rise, carezzando con un raggio la gota del carovaniere: “Voi non avete sconvolto nulla che già non lo fosse. È vero, a voi non è concesso dialogare con tutti noi allo stesso tempo. Sarebbe il caos, gli uomini non avrebbero più modo di distinguere il tempo del riposo da quello del lavoro. Ma voi avete ora reso noi una speranza nella quale non nutrivamo più attesa da tempo, convinte di non meritarla peccando di avidità. A voi dobbiamo ora rendere grazie tanto quanto voi rendete grazie a noi con le vostre preghiere”.

“Allora perché ci avete puniti? Noi non ricordiamo nulla, ma la Sacra Stella ci ha detto che voi ci avete puniti”, appuntò il carovaniere.

Egli non voleva offendere la guardiana della notte, ma necessitava di risposte che tardavano ad arrivare.

“La Sacra Stella ha abbeverato i nostri cavalli e ci ha liberati dal maleficio. Voi, mia splendida Luna ci offrite riparo e riposo. Ma siamo uomini e agli uomini non piacciono i perché non risposti”.

La Signora Luna non si offese, essa era più saggia di loro perché dall’alto poteva vedere anche ciò che agli uomini sfuggiva: “Abbiamo visto la vostra sofferenza, abbiamo ascoltato le vostre preghiere, abbiamo assecondato le vostre necessità. Abbiamo dato voi la saggezza delle maree e la conoscenza del tempo e dei luoghi. Illuminiamo il vostro cammino da ancor prima che voi imparaste a camminare e ancora lo faremo, perché è questa la legge del mondo”.

I carovanieri si inginocchiarono posti in cerchio come al tempo della preghiera. La guardiana della notte sapeva, vedeva, conosceva loro meglio di loro stessi, ma ribadivano che ancora non avevano spiegazione dell’accaduto.

La luna, di nuovo, non si spazientì, incolpando il suo re di aver fatto terra bruciata non solo dei loro ricordi ma anche dei loro desideri. Lasciando a lei l’ingrato compito di ripristinare le cose per come servivano.

Ella si avvicinò alla terra, il deserto venne inondato da una gran luce, intensa bensì ovattata dalle ombre dei di lei crateri. I carovanieri si pararono alla svelta gli occhi con le braccia inarcando la schiena all’indietro per tentar distanza, ma la luna insistette perché essi ricordassero.

Quando ella si ritirò, lasciando ai carovanieri adito a scoprirsi gli occhi, essi rimembrarono l’accaduto: “Vi era un buco… Vi era un buco nel terreno!”, ricordò il capo carovaniere.

“Sì, un buco! – esclamò un altro – Che fine ha fatto? Ci siamo forse caduti dentro ed ora è lì che stiamo vagando e vaneggiando?”.

La Signora Luna non interruppe il loro dialogare.

Un altro carovaniere suppose che fossero tutti morti e che fossero giunti alle porte dell’inferno o del paradiso.

Un altro ancora disse che la troppa calura e la fame li aveva forse fatti svenire riducendo le loro memorie.

Colui che parlò per secondo insistette: “Siamo caduti nel buco, vi dico! Ora stiamo vagando in un luogo che non è. E la luna… le stelle… stiamo solo vaneggiando di cose che non hanno dono di parola”.

Il capo carovaniere mise fine all’astruso dialogo: “Stavamo morendo e siamo stati graziati. Ci è stata concessa una seconda possibilità perché abbiamo avuto la forza di perseverare e la saggezza di credere. Gli astri si sono rincontrati grazie a tale nostra perseveranza e dal loro incontro dobbiamo trarre lezione. Essi si amano anche se non possono vedersi, così come noi amiamo loro. Sappiamo con certezza che essi vivono l’uno nel tempo dell’altra anche se ci è concesso di vederli uno alla volta. La Sacra Stella non muore ogni notte così come non muore ogni giorno la Signora Luna, bensì si nascondono da noi perché possiamo avere ritmo vitale. Essi convivono protetti dalle stelle e dal cielo che li accoglie e li esalta per noi. A essi dobbiamo rendere grazie per ogni cosa, così come essi rendono grazie a noi mostrandosi e guidandoci”.

I carovanieri tutti chinarono il capo in segno di rispetto ed accondiscendenza nei confronti del loro vecchio e saggio capo carovaniere.

La Signora Luna li encomiò: “Ecco fatto!”.

“Ecco fatto, cosa?”, chiesero.

“Avete trovato la risposta al vostro perché”.

I carovanieri ora capirono cosa fosse stato tutto quel trambusto, con buona pace delle loro anime.

La luna consegnò loro una stella che il capo carovaniere ebbe premura di proteggere, custodendola in una lanterna, e con essa proseguirono il loro cammino di ritorno verso casa.

Da quel giorno essi viaggiarono portando con sé la preziosa lanterna, intonavano canti e preghiere per la Sacra Stella così come per la Signora Luna.

E mai dimenticarono le ragioni delle loro vite su questa madre terra.

Commenti

Post popolari in questo blog

Cenere

Sorrow

Lepre in salmì

Come il sole di mezzanotte

Autunno

Filastrocca d'autunno

The Bird Cage

Lo specchio del tempo

Il viaggio

Dell'eterno amore