Ahimsa

Amin Roshan Afshar (via IG)


 Il termine Ahimsa indica, nell’induismo, la totale assenza di ogni forma di violenza.

Da esso nasce un altro termine: Satyagraha.

Ovvero nasce la resistenza passiva, una forma di disobbedienza civile attraverso la quale manifestare, senza atto di violenza alcuno, il proprio pensiero.

In questa parola si raccoglie la forza e la saggezza di colui che l’ha coniata, un piccolo grande uomo nato oggi, 153 anni fa: Mahatma Gandhi.

Il giorno della sua nascita è stato scelto per onorare l’uomo, ma soprattutto l’idea e i fatti che da quell’idea fioriscono.

Oggi dovrebbe essere un giorno di meditazione e di introspezione. Dovremmo tutti tentare di guardare nel profondo delle nostre anime, scavare il più possibile, con impegno e convinzione, per far emergere quelle che sono le nostre vere intenzioni, verso noi stessi e verso il prossimo.

Dovremmo chiederci cosa ci aspettiamo da questa vita, come vogliamo viverla, cosa vogliamo lasciare in eredità ai nostri figli.

Sappiamo per certo come vogliamo essere trattati, ma ci viene ancora difficile trattare gli altri nello stesso modo che desideriamo per noi stessi.

Non possiamo pretendere di essere tutti uguali, di far prevalere solo le nostre ragioni calpestando quelle altrui. Ognuno di noi ha un motivo di vita, ha scelto l’esistenza che gli è più affine e mi risulta incomprensibile come possa essere di nostro esclusivo interesse le vite degli altri, perché non le possediamo.

A dirla tutta non possederemmo neanche la nostra propria vita. Siamo solo tutti di passaggio da questo mondo, in viaggio verso un altro che però non ci è concesso conoscere in anticipo. E questo magari ci spaventa, costringendoci ad aggrapparci alla presente esistenza con tutte le nostre forze, talvolta anche con aggressività e rabbia, tralasciando con (in)volontaria distrazione quello che è il bene reciproco, il giusto per la comunità alla quale apparteniamo.

 

“Mantieni i tuoi pensieri positivi,

perché i tuoi pensieri diventeranno parole.

Mantieni le tue parole positive,

perché le tue parole diventeranno i tuoi comportamenti.

Mantieni i tuoi comportamenti positivi,

perché i tuoi comportamenti diventeranno le tue abitudini.

Mantieni le tue abitudini positive,

perché le tue abitudini diventeranno i tuoi valori.

Mantieni i tuoi valori positivi,

perché i tuoi valori diventeranno il tuo destino”.

 

Sono parole dello stesso Gandhi.

 

No, non è difficile prendersi cura l’uno dell’altro senza pretendere nulla in cambio. Volersi bene e rispettarsi richiede un minore impegno fisico e mentale. Chiedetevi quanto tempo spendete nel pensare a qualcuno con odio o disprezzo, quanta rabbia monta nelle vostre vene – nell’illusione di un overdose di adrenalina – nell’insultare, bullizzare, violentare, picchiare, seviziare, uccidere…

 

Solo ieri, un ragazzo russo di 27 anni, Ivan Petunin, ha preferito togliersi la vita piuttosto che essere costretto a prendere quella degli altri; a Roma l’ennesima donna è stata violentata in strada, costretta nella sua stessa auto, in quello che doveva essere un piacevole sabato sera tra amici.

E poi c’è l’Iran e le sue donne e i suoi uomini.

Eccellente esempio di Satyagraha.

Quanto fastidio dà una sola ciocca di capelli visibile!

Quale condanna per una sola ciocca di capelli visibile!

Quanta potenza in una sola ciocca di capelli recisa!

La forza di Sansone risiedeva nei suoi capelli. Nelle antiche culture in giro per il globo, i capelli hanno sempre avuto una forte carica simbolica, ritenuti anello di congiunzione tra uomo e cielo, espressione della sua anima, simbolo di forza vitale, di nobiltà, di verginità, finanche simbolo erotico.

Ecco perché altrettanto potente è la simbologia della loro recisione. Perché adesso nei capelli risiede la colpa, il tabù, la limitazione delle libertà; e queste vanno recise, estirpate, allontanate dal proprio essere perché esso possa rimanere sano, continuare a crescere e donare nuova vita.

Oggi, ogni capello tagliato è un cuore che sanguina, un’anima che lascia questa vita nota per quella ignota.

Oggi, nei capelli delle donne iraniane risiede il coraggio.

Il coraggio di ribellarsi all’oppressore, al sessismo, alla discriminazione.

Un gesto semplice, quasi banale, si rivela più potente di qualsiasi arma, più tagliente di un coltello, più letale di una pallottola, più efficace di un’orazione.

Il silenzio paga spesso più del verbo, un gesto civile e pacifico rende più di uno schiaffo in piena faccia.

Ma il mondo sembra ormai aver dimenticato cosa sia la semplicità e la genuinità, qui non si parla solo di rispetto e di amore, si parla di tornare a ricordare e rivalutare quei ricordi, ormai perduti, andati disciolti in quello che è il fiume delle opportunità perse.

Cosa aspettiamo quindi a riempire la nostra esistenza con più Ahimsa, cosa ci serve perché possiamo agire nel significato del Satyagraha, nel nome di Mahatma Gandhi e di quegli ideali costruiti con sacrificio, perché essi non vivano più solo come idee, bensì come fatti costruttivi e fieri.

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