Chi sono

© Valentina Doria 2022


Sono nata a mezzanotte.

In gennaio.

Di lunedì.

Sono nata all'inizio di un giorno, di inizio settimana, di inizio d'anno, di inizio decennio.

Quanti inizi si possono avere nella vita?

Ecco, io ho avuto quelli e anche altri.

Scrivo da quando ho imparato a farlo, da che ho memoria di me con una matita in mano far scarabocchi su diari e quaderni, sulle riviste di mamma e sulle parole crociate.

Ho iniziato a scrivere quando ho iniziato ad avere memoria e coscienza di questa, prima con cocente passione e illusione, poi con odio e disprezzo, ma la passione rimase.

La passione sopravvisse.

Sopravvisse a me, ai miei sbalzi di umore, alla mia ingratitudine, ai miei pianti così come ai miei salti di gioia.

La scrittura era il mio piccolo rifugio sicuro, valvola di sfogo impenitente per la mia anima profondamente ferita. Sognavo di una vita perfetta e felice e, nella certezza che non l'avrei mai potuta avere, nella convinzione di non meritarla, avveravo quella vita attraverso l'inchiostro.

Era così che le mie idee si animavano, sotto forma di penna e calamaio. Era così che i miei sogni si convertivano al mondo reale. Era così che la mia vita diventava perfetta.

Poi, un giorno, non so più nemmeno né come né quando, decisi di mettere via tutto e di costringere tutti i miei sogni, anche quelli più ardenti - nella convinzione che fossero loro a generare i miei mostri -, sul fondo di un cassetto, del quale avrei poi buttato via la chiave.

E restai a guardare.

Non scrissi più e restai a guardare.

E vidi la mia anima consumarsi poco a poco, con la lentezza del tempo che passa e che sai di non poter fermare né tantomeno riavvolgere.

Restai ad ascoltare i miei sogni, costretti in quel cassetto, urlare a squarciagola, sbattere i pugni contro di esso, spiarmi dal buco della serratura implorando redenzione.

D'un tratto capì che non era così che si esorcizzavano i mostri. Capì che anche loro agognavano il diritto alla vita come chiunque altro. Allora cambiai strategia, scardinai il cassetto e liberai i sogni, che scapparono via.

Fu allora che rimasi sola con la mia anima in frantumi e con i mostri che continuavano a girarmi intorno come in un rito antico e démodé.

Allora iniziai ad aspettare che i sogni ritornassero, perché se non erano loro a generare i mostri, allora forse potevano sconfiggerli.

Quando un giorno fui sorpresa dal loro ritorno, essi non distrussero i mostri, ma iniziarono a conviverci, costruendo un'amicizia ed una complicità che ancora oggi mi sorprende.

Ricominciai a scrivere di quella vita perfetta e felice, come solo attraverso l'inchiostro può essere. E ricominciai a sognare, ad occhi aperti o chiusi, non importava.

Imparai a convivere con i miei mostri, assecondandoli quando potevo, rimproverandoli quando mi ferivano. La mia anima riprese colore, trovando equilibrio e fiducia, alimentando senza sosta, con la sua voluttà, la penna che ora stringo nella mano e che non ho più intenzione di mettere giù.

Quanti inizi si posso avere nella vita?

In fin dei conti ogni giorno è un nuovo inizio, dipende tutto da come lo si vive e da cosa si vuole da esso. Dipende da noi guardare a noi stessi sempre come se fossimo un nuovo inizio, perché ogni volta che un nostro desiderio viene appagato, uno nuovo prenderà il suo posto, perché ogni volta che un nostro sogno si avvera, uno nuovo prenderà il suo posto.

E ogni giorno sarà così, perché l'uomo, l'essere più perfetto tra i perfetti, non può fare a meno di desiderare, di sognare e di combattere i suoi mostri.

Quanti inizi si possono avere nella vita?

Dipende tutto da cosa significhi "nuovo inizio".


Il mio nuovo inizio oggi sarà questo e si chiamerà "La finestra sugli ibischi", perché è un ricordo che vive ancora in me con chiarezza e perseveranza. Uno tra i più belli che ho e che custodisco con ardente gelosia.

Avevo quindici anni quando i miei genitori decisero di vendere la nostra casa di mare.

Era una casetta piccola ed accogliente con un grande camino ad angolo. Ho sempre amato i camini, hanno quel non so che di intimo, sono portatori sani di conforto fisico e spirituale.

La mia cameretta era in fondo al corridoio e aveva una finestra che dava sul cortile sul retro, avevo l'abitudine di aprirla e sedermici sopra per pensare e sognare.

Nel cortile, proprio di fronte la mia finestra, c'era un'aiuola che percorreva quasi tutto il muro di confine ed in essa vi erano tre grandi piante di ibischi rossi che mia madre coltivava con grande amore e passione.

Li ricordo ancora molto bene quei fiori, grandi e rosso sangue, avvolti e protetti da un fogliame verde brillante. Ogni mattina si aprivano, come nell'antico rituale del saluto al sole, e si richiudevano ogni sera, come a voler nascondere i loro segreti alla luna.

Ogni giorno passavo i miei pomeriggi estivi su quella finestra a guardare gli ibischi e lasciarmi ispirare da loro.

Fino a quando la casa non venne venduta, e con essa la finestra e gli ibischi.


Questo è uno dei ricordi più belli e in delebili che ho di me stessa, lo custodisco nel mio cuore come una gemma preziosa. Se chiudo gli occhi e penso a quegli ibischi, essi riescono ancora ad ispirarmi e a donarmi conforto.

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