Gennaio

 
Concetto spaziale. Attese. Lucio Fontana, 1963


Cos’hai tu di diverso?
Cos’è che ti rende nuovo?
Dov’è la felicità promessa,
quel gioioso rinnovamento, ostentato
ancor prima di entrare in scena?
 
Tu, mendace verginello,
rientri nel tuo grembo
discreto e imporporato,
risorgi dalle ceneri
da egli stesso stillate.
 
Cos’è che ora dovrei fare?
Un anno in più sulle mie spalle
ingobbite dal dolore,
se non anche dall’età.
Un altr’anno da stare a guardare.
 
Tant’altri giorni
srotolati ai tuoi piedi,
la scarlatta passatoia
del tempo e delle genti
che in te confidano.
 
E rinverdiranno i tigli
in quest’altra primavera,
ma sempre la stessa.
E s’infrangeranno le onde
dei tuoi oceani, sempre gli stessi.
 
E sorgerà il sole ogni giorno,
sempre nuovo, sempre lo stesso,
a sputare lava incandescente
sulle teste dei saggi e degli stolti,
sulle rive e sui monti.
 
E tornerà ogni notte la luna,
con le sue scure ombre
ad ammantare ogni cosa.
E arriverà poi la tua fine,
tornerai cenere nel grembo che ti fece.
 
E da quelle ceneri ti rifarà,
sempre lo stesso,
sempre tu, mendace verginello.
Apate incestuosa che
a tradimento facesti anche me.

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