Volevo solo un giardino

© Valentina Doria 2013



Eccomi qui.

In una notte gelida d’inverno la mia testolina fa capolino da una finestra che guarda a nord. O forse a sud. Non saprei.

I miei occhi sono ancora chiusi, serrati, forse per paura, forse per necessità, ma appena sarò in grado di aprirli farò caso se da questa piccola finestra si vedono gli orsi polari o i pinguini.

Oh, guarda! C’è una piccola luce laggiù. Allora forse questo è l’oriente e quella timida lucina è il sole che sorge al di là del monte Fuji! Oh no! È sparita! E adesso? Come potrò capire dove sono? Dovrò chiedere aiuto, ma come?

Ad un tratto la mia bocca si spalancò ed un suono flebile ne uscì.

Ascoltate! Ascoltate! Ma perché nessuno mi risponde? Perché nessuno mi dice niente?

Ascoltate! Perché non mi ascoltate? Forse la mia voce non ha abbastanza decibel? O forse non è piacevole e tutti voi vi state ora tappando le orecchie e lo fate apposta a non sentirmi.

Oh, per favore, qualcuno mi dica qualcosa! Dov’è che sono? Cosa ci faccio qui? Perché sono qui?

Sono oramai seduta fuori dalla finestra, con le gambe penzoloni ad osservare il panorama, a scrutare l’orizzonte. Guardo a destra, poi giro la testa a sinistra, poi rivolgo lo sguardo verso l’alto… Oh che belle le stelle!

Alcune sono così piccole che sembrano dei minuscoli puntini, delle macchioline dai bordi un po’ frastagliati su di un soffice telo blu. Come sono belle le stelle! Nell’immensità della notte sembrano una dolce pioggerellina argentea. Quasi posso sentire la loro soffice umidità sul mio viso.


Eccomi qui.

Non ho nemmeno un giorno e già mi ritrovo a sognare guardando le stelle. Beate loro, alte nel cielo libere di fluttuare di qua e poi di là, libere di mostrarsi quando più le aggrada, libere di giocare a nascondino o di esibirsi in vanità.

Ma poi, a me, non me lo hanno mica chiesto se volevo venire qui. Non saprei dire quale sia il mio scopo, il motivo per cui io sia qui, in questo luogo e in questo tempo. Forse lo scoprirò nei giorni a seguire, o forse me lo diranno appena potranno.

Nel frattempo che faccio? Forse aspetto, e vediamo un po’ se si fa vivo qualcuno.

Ormai sono giorni, mesi che aspetto, invano. Ma cosa, poi? O chi? Ancora non capisco, mi guardo intorno e vedo la gente chiacchierare, festeggiare, passeggiare.

Ogni tanto qualcuno si ferma, mi accenna un sorriso che sembra così lontano, alto sulla mia testa, sembra quasi che mi voglia cadere addosso. Vorrà farmi del male? Vorrà rapirmi, portarmi via?

Oh, no! Ecco, si ritrae! Ora sul suo volto i muscoli si sono rilassati tutti e non sorride più, ma è ancora lì in alto, sulla mia testa, non mi dà più attenzione, mi ha già dimenticata.

Allora provo ad attirare la sua attenzione, forse mi sorriderà di nuovo.

È una vita che siamo fermi qui, vicino questo grande albero, che bello che è! Così possente, così grande! La sua folta chioma mi fa da cappello, un enorme cappello verde che mi ripara dalla luce del sole e dalla sua calura.

Ehi! Ehi! Ma insomma! Perché mi sorridi e poi non dici più nulla? Ehi! Sono qui!

Quaggiù! Uffa, che noia, ma quando ce ne andiamo?

Quattro occhi annoiati, un po’ infastiditi mi puntano la cucuzza. Li sento spingere forte sul mio cranio, ahi! Che dolore! Ma perché? Che ho fatto ora? Voglio solo camminare, io.

A stare ferma qui a fare la bella statuina mi annoio. Anche se l’albero mi sta simpatico e sembra essermi amico, ma non posso toccarlo altrimenti mi sporco tutta e poi quegli occhiacci mi trapanerebbero di nuovo la cucuzza.

Uffa, però. Ho voglia di fare tante cose ma non posso, dicono che non è ancora il momento, che per ora mi devo limitare a guardare le stelle e gli alberi senza toccarli, che noia.

Chissà come si fabbricano le stelle, chissà come fanno a salire fin lassù e a starci per così tanto tempo, ferme immobili senza mai cadere e senza mai stancarsi.

Oh, no! Guarda! Lo sapevo! Non capisco proprio niente, io! Guarda quella povera stellina, appena precipitata nel vuoto. Sola soletta, povera cara, speriamo non si sia fatta male.

Chissà se mancherà a qualcuno, chissà se la penseranno e la commemoreranno, nelle notti di luna piena, quando tutto il firmamento è illuminato a festa.

Sembra tutto un gran mistero qui. Domani proverò di nuovo a chiedere come si fabbricano le stelle e se non mi risponderanno allora vorrà dire che lo scoprirò da sola.

Comunque, se andassi dall’albero sono sicura che lui la risposta me la darebbe.

Vorrei tanto giocare con lui, perché non posso farlo proprio non capisco. Se il problema è solo lo sporco posso sempre lavarmi dopo.

Secondo me è solo gelosia, o forse invidia, non ci può essere altra spiegazione. Un albero non può farmi del male, è bello, alto, verde e profumato, non può fare del male, è che sono tutti invidiosi perché nessuno può competere con la sua bellezza e la sua maestosità. E questo fa paura, perché non sanno e non vogliono sapere.


Eccomi qui.

Ancora a sperare di poter giocare con l’albero. Ma prima o poi ce la farò, e diventeremo amici per sempre.

Intanto il tempo passa, io mi allungo così velocemente che quasi riesco a raggiungere le stelle con la punta delle dita.

Oggi il sole splende e riscalda, ci sono gli uccellini che girano in tondo fischiettando allegri. Che bello che sarebbe essere un uccello! Andare in giro per il mondo guardandolo dall’alto, così non ci sarebbero quegli occhi a pesarmi sulla cucuzza. E poi immagina che bello che sarebbe, poter volare vicino alle stelle, allora sì che riuscirei a toccarle.

Però ora sono qui e ancora non capisco perché, questo posto non so se mi piace, mi ci devo ancora abituare. Forse devo solo avere ancora un po’ di pazienza, qualcuno una risposta me la darà.

Forse.

Sembrano tutti così volubili, qui. Un giorno sono tutti carini e sorridenti e il giorno dopo sembra vogliano dichiarare guerra ai mulini. Io proprio non riesco a capirli. Eppure ci ho fatto caso, sai. Non è colpa del vento e nemmeno dei tramonti. Non è neanche colpa delle stagioni, della neve o del mare.

Devi vedere che bello che è quando tutto cambia, ogni tre mesi c’è un paesaggio diverso, si inizia sempre con la neve, come quando mi hanno portata qui. Poi, quando questa inizia a sciogliersi, spuntano da sotto tante coroncine colorate, le chiamano fiori, e il sole le illumina.

Devi vedere come sono felici! Come lui si sposta, loro sembrano seguirlo con adorazione.

Poi, il sole, ad un certo punto, inizia a vantarsi di tutte quelle attenzioni e decide di andare via sempre più tardi e la luna si spazientisce e fa crescere la marea.

Quando poi hanno finito di litigare, tutto si calma e gli alberi piangono. Non capisco il perché del loro pianto, ma ricoprono l’intero suolo con le loro lacrime fino a creare un enorme tappeto dalle sfumature dell’ocra e del marrone.

Dicono che questi colori mettono tristezza. A me no, anche se non sono sicura di sapere cosa è la tristezza. A me piacciono.

Perché dovrebbero mettere tristezza?

Dicono perché sono colori cupi che rappresentano l’arrivo della neve.

A me piace anche quella. È fresca e morbida e ti ci puoi tuffare dentro come con il mare.

Un giorno mi piacerebbe avere un posto tutto mio, con il tappeto di lacrime di alberi, la neve per fare i tuffi, le coroncine colorate e le stelle a farmi da coperta.

Sì, un giorno lo avrò e lo chiamerò giardino. Mi sembra un bel nome, giar-di-no. Sì, suona bene.


Eccomi qui, ancora.

Ora sono abbastanza grande da muovermi per conto mio, ma mi sento comunque sempre osservata. Quegli occhi che per tanto tempo sono rimasti a strapiombo sulla mia cucuzza, ora non ci sono più, ma riesco comunque a sentirli. Forse mi dà un po’ fastidio.

Ma perché sento ancora quello strapiombo sopra di me? Perché non mi lascia un po’ in pace? Io voglio andare per terre e pianeti, non posso restare qui!

Ah, dici che è per proteggermi.

E ti sembra che ho bisogno di protezione, io? Sono alta, forte, ho addirittura un nome, io! Guardami bene, vedi? Riesco a muovermi da sola, senza cinghie e senza le tue mani, e saprò farlo anche senza i tuoi occhi.

Ah, finalmente, forse l’ha capito.

Vediamo un po’. Ecco, andiamo di qua, vediamo cosa c’è.

Ehi, chi ha spento la luce? Perché ora è tutto buio? Non si vede un’accidenti, non posso muovermi così!

Aiuto! Aiuto! Non c’è nessuno che mi sente?

Che c’è, non ho ancora abbastanza decibel o lo fate apposta a non sentirmi?

Ora… ora mi siedo qui buona buona e… aspetto. Aiuto! Macché, niente da fare. Rimarrò qui accucciata fino a che non torna la luce.

Oh, finalmente, eccola che arriva. Però, quanto ci mette, sembra arrivare dallo spazio, ci vorranno giorni a questo ritmo. Ehi! Invece no. Sei già qua! Ma chi sei? Ah, sei tu! Scusa, forse avevi ragione, i tuoi occhi mi proteggevano per davvero.

Mi perdoni?

Allora andiamo.


Eccomi qui.

Umiliata e confusa che cerco ancora di costruire il mio giardino. Ho deciso che quegli occhi saranno sempre su di me, ma ad una condizione, non dovranno mai ficcanasare.

Per loro non è facile mantenere fede a questa promessa, però ci provano e a volte ci riescono. Non mi va più di litigare, non voglio fare come loro che un giorno sono tutti carini e sorridenti e il giorno dopo sembra vogliano dichiarare guerra ai mulini.

Io voglio solo contemplare le stelle, restare seduta sotto un albero mentre piange e annusare le coroncine colorate. Devi vedere come profumano!

Ognuna di loro in modo diverso. Ed ogni profumo mi ricorda qualcosa, a volte una cosa bella, a volte una cosa meno bella. Però non fa niente, perché i ricordi sono importanti, io non voglio dimenticare, così anche se mi ricordano qualcosa di non tanto bello io li annuso lo stesso, perché non è colpa loro, il profumo è comunque buono.

Allora ho deciso che vado via, a cercare un posto dove poter contemplare meglio le stelle e dove gli alberi piangono ancora, perché qui sembra che nemmeno loro abbiano più lacrime per piangere. Ma guarda che mica ti sto abbandonando. I tuoi occhi saranno sempre sopra di me, pensavo che questo lo avevamo già stabilito un bel po’ di tempo fa, no?

Se mi chiamerai tornerò, però non chiamarmi nel bel mezzo di una contemplazione. Che poi devo lasciare le cose a metà e tu lo sai che a me non piace lasciare le cose a metà.

Allora ciao, io vado.


Eccomi qui.

Da sola tra i pianeti di questa galassia. Mi girano intorno come a volermi adescare, chissà se mi posso fidare.

Ci devo pensare, intanto che vi osservo vi tengo a debita distanza. Lo so che gli occhi sono ancora con me, ma non sono sicura che a questa distanza possano intervenire con rapidità.

Però che bello che è tutto questo. Dove ero prima non riuscivo a vederlo. Sento qualcosa di nuovo, non so cos’è, una sensazione forse, mi sento sollevare, sembra quasi che io possa… volare!

Allora è possibile! Guardami! Guardami! Sto volando!

Ora posso raggiungere le stelle e toccarle!

Però… aspetta un momento. E se da quassù gli occhi non riescono a stare sopra di me? Ho desiderato tanto poter volare come un uccello e ora che ne sono capace ho paura.

Pensavo che le buone sensazioni ti facessero sentire meglio, invece guarda un po’, ho paura.

Che brutto sentimento che è la paura, non credo di averlo mai provato prima. Tremo tutta, quasi non riesco a tenere le ali spiegate come si deve, finirò per precipitare. Io non voglio precipitare! Cosa devo fare?

Cosa devo fare?

Le ali… le ali… non… funzionano più! Aiuto! Aiuto!

E ora cosa succede?

Cos’è questa cosa soffice che mi sostiene?

Oh, sei una nuvola. E cosa ci fai da queste parti? Non ricordo di averne viste di recente.
Oh, ti hanno mandata gli occhi.

Allora riescono a stare sopra di me anche se volo. Buono a sapersi, perché ho scoperto che mi piace davvero tanto volare. E ci voglio riprovare, perché io le stelle ancora non le ho toccate.

E poi avevo ragione anche io, da lassù tutto sembra più bello.

Allora grazie e ciao, io vado.

Manca poco, sì, manca davvero poco. Un altro piccolo sforzo e avrò un giardino tutto mio.


Eccomi qui.

Ancora in volo e senza giardino. Un po’ mi sono stancata. Devo trovare un posto dove atterrare. Le stelle le ho incontrate tutte e giacché che c’ero ho girato intorno ai pianeti e ho detto loro di lasciarmi stare, altrimenti li avrei mandato gli occhi.

Ho detto loro che sono cattivi e sempre molto arrabbiati, non so se mi hanno creduta, non ci tenevo a rimanere.

Ora scendo giù e vado da qualche altra parte. Qui è tutto così grande che forse non avrò mai abbastanza tempo per vedere tutto. Devo scegliere dove andare, però è così difficile, io vorrei davvero vedere tutto e conoscere tutto.

Non ho ancora trovato il posto giusto per me e nemmeno il motivo per il quale sono qui. Ma so che prima o poi lo capirò, devo solo continuare a cercare.

Vediamo un po’, a destra sembra tutto molto calmo, ma anche a sinistra non si scorge nulla di particolare. E se vado diritto? In medio stat virtus. Allora è deciso.

È proprio tanto che cammino e sopra di me non ci sono nemmeno le stelle per poter volare. Fa caldo, quasi soffoco. Devo fermarmi, non ce la faccio più.

E ora chi ha spento la luce? Non si vede più niente! Luna! Luna! Per favore! Almeno tu!

Sono sola! Sono di nuovo sola! E mi sono persa! E adesso cosa racconto?

Ecco che ora piango come fanno gli alberi, coprirò il suolo come fanno loro!

Però le mie lacrime hanno sfumature diverse. Sono lapislazzuli! No, smeraldi! No, rubini! E brillano! Ora riesco a vedere la strada.

Sono stati gli occhi a mandare anche voi?

No?

Siete venute da sole?

Ah, si chiama tristezza. È stata lei a inviarvi da me.

Allora anche gli alberi piangono perché sono tristi.

No?

E perché piangono allora?

Ah, perché io mi senta accolta.

Certo che mi piace il tappeto ocra e marrone. È bellissimo, soffice e caldo. E mi piace anche quello fatto di neve, che invece è tutto bianco, sempre soffice, ma fresco.

Allora funziona così, se io piango tristezza vi manda da me e mi aiutate a ritrovare la strada.

E gli occhi? Hanno deciso di abbandonarmi?

Dici di no?

Mi hanno generata?

Cosa vuoi dire? Che mi hanno fatta gli occhi?

E se sono stati loro a farmi perché mai non mi hanno spiegato che ci sto a fare qui? Non ricordo di aver mai chiesto di stare qui.

Bella cosa! Anche se non chiedi loro ti generano lo stesso.

Perché lo vogliono loro.

E la mia opinione allora non conta proprio nulla?

Vuoi veder che mi tocca tornare indietro e dirgliene quattro!

E perché non posso?

Si offenderebbero? E io? Io non mi offendo?

È una vita che giro alla ricerca di un giardino e ancora nemmeno l’ombra. Mi dici tu cosa devo mai fare per poter avere un giardino tutto mio?

Ecco, ora piango di nuovo. Ora mi mostrate dove trovarlo?

No?

Perché questa non è più tristezza?

È rabbia?

E cosa ci faccio con la rabbia?

Ehi! Ehi! Che succede? Cosa fai, albero! Perché cadi su di me?

Gli alberi non cadono!

Cade la neve, cadono le stelle, e ho imparato che nessuna di loro si fa male cadendo, ma che è la loro natura. Ma gli alberi non cadono per natura. Quindi cosa fai?

Questo calore… questo calore mi… mi calma. Ora non piango più. Ora sia tristezza che rabbia sono andate via.

E sono tornati gli occhi che mi chiamano a sé.

Dici che devo andare? Non sarà una trappola?

Lo so, gli occhi mi hanno generata e mi vogliono bene.

Allora vado, ciao.


Eccomi qui.

Di ritorno da un lungo viaggio che mi ha fatto capire tante cose. Ora conosco i pianeti, ho imparato la lingue delle stelle e ho incontrato paura, tristezza e rabbia, che, in tutta onestà, spero di non incontrare più.

Gli occhi sono ancora a strapiombo su di me. Però adesso sembrano diversi, più languidi e più generosi.

Abbiamo fatto una passeggiata assieme e abbiamo incontrato gli altri occhi, te li ricordi? Quelli che quando ero più bassa mi sorridevano e poi si giravano altrove. Proprio quelli.

Ora sono più vecchi, consumati, però mi sorridono ancora, ma non più dall’alto verso il basso. Ora siamo uno diritto all’altra.

Non è male, però mi mettono sempre a disagio e mi danno la sensazione che mi stiano rimproverando perché sono ancora qui. Dovrebbero solo prendersi i fatti loro e lasciarmi in pace. Continuano a fare un sacco di domande, che noia!

Io non li ascolto e rispondo a monosillabi, così magari si infastidiscono e se ne vanno.
No, non sono maleducata. Siete voi che siete dei gran rompiscatole!

Oh, finalmente! Possiamo andarcene ora? Che seccatura! Se li incontriamo di nuovo giuro che non mi tratterrò!

E adesso perché date la colpa a me? Siete stati voi, occhi, a reclamarmi. Sono tornata perché me lo avete chiesto voi.

Io, in fondo, volevo solo un giardino.

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