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Il mio romanzo

Le tre porte - disponibile ora

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Victor e Jenny vivevano un’esistenza felice ed appagante, figli dei fiori cresciuti nel clima della benignità universale. La vita ha dato loro l’opportunità di realizzare i loro desideri, e niente e nessuno sembrava potesse intaccare tutta quella perfezione. Ma una mattina come tante, qualcuno bussò alla loro porta. “ Il cammino dell’uomo consacrato ha nel suo intermezzo tre porte che devono essere superate per accedere all’eterno ”. È così che si presentò loro il mondo nel quale vennero catapultati d’improvviso, senza apparente motivo. Cosa accadrebbe se l’egoismo e l’ingordigia di un unico uomo oscurassero il sole? Cosa accadrebbe se il potere terreno non fosse più assegnato al banale e corruttibile denaro, bensì ad una “divinità” terrena che decide per chi vive e per chi muore? Il viaggio a ritroso tra le avventure della loro esistenza, prima e dopo il cambiamento, farà scoprire l’importanza dei sentimenti e dei suoi contrari, nell’infinito intreccio che li distingue e li completa.

Lepre in salmì

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  American gothic. Grant Wood, 1930 “Il pranzo è servito”, annunciò con fare monacale il signor Ambrogio. Lady Rose prese posto come al solito a capotavola. Alla sua destra i due figli, alla sua sinistra il marito, ingobbito tanto dal lavoro quanto dalle beghe, con gli occhi socchiusi dal peso delle palpebre sormontate dalle sopracciglia folte e bianche, che contrastano arditamente con la calvizie prematura e i favoriti bruni ben curati. Subito dopo Ambrogio arrivò con la prima portata, posò i piatti sotto ogni naso con costruita indifferenza e tornò in cucina. “Questa lepre in salmì è una gran delusione!”, chiosò la giovane figlia. “Io dico che manca solo di un pizzico di sale. Ma, a parte questo, è deliziosa come sempre”, aggiunse il patriarca assaporando con masticazione lenta il boccone. E così faceva con ogni boccone, da sempre. Ad ogni morsico, ad ogni deglutizione un ricordo che fuggiva via, una memoria che tornava e che poi spariva, come in un valzer succulento. “Ma

Quieta

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La bella dama senza pietà. John William Waterhouse, 1893 Oggi sei quieta, arrestata, sospesa. Sembri innocente, innocua, perdente.   Ancora m’inganni, e mi fai prigioniera con quel solito fare, seducente demonio.   Oggi sei quieta, che fai? Mi tradisci? Chissà dove sei, non so se mi manchi.   Ti cerco, senza bramosia, dove so che non sei, ché il tuo silenzio è ora divina melodia.   Oggi sei quieta, e un po’ mi spaventa. Aspetto che torni, in realtà ne ho bisogno.   E poi me ne pento. Non so se ti amo, spesso è il contrario, eppur mi completi.   Oggi sei quieta, e non lo sopporto. T’allontani al tuo desìo, torni contro il voler mio.

Gennaio

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  Concetto spaziale. Attese. Lucio Fontana, 1963 Cos’hai tu di diverso? Cos’è che ti rende nuovo? Dov’è la felicità promessa, quel gioioso rinnovamento, ostentato ancor prima di entrare in scena?   Tu, mendace verginello, rientri nel tuo grembo discreto e imporporato, risorgi dalle ceneri da egli stesso stillate.   Cos’è che ora dovrei fare? Un anno in più sulle mie spalle ingobbite dal dolore, se non anche dall’età. Un altr’anno da stare a guardare.   Tant’altri giorni srotolati ai tuoi piedi, la scarlatta passatoia del tempo e delle genti che in te confidano.   E rinverdiranno i tigli in quest’altra primavera, ma sempre la stessa. E s’infrangeranno le onde dei tuoi oceani, sempre gli stessi.   E sorgerà il sole ogni giorno, sempre nuovo, sempre lo stesso, a sputare lava incandescente sulle teste dei saggi e degli stolti, sulle rive e sui monti.   E tornerà ogni notte la luna, con le sue scure ombre ad ammantare ogni cosa. E arriverà poi la tua fine, tornerai cenere nel grembo che ti

Lo specchio del tempo

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  Ritratto di Michel Leiris. Francis Bacon, 1976 Osservando la sua immagine riflessa nello specchio, con i palmi delle mani si stropicciava   il viso eseguendo frenetici movimenti verticali. Nelle sue orbite oculari si vedevano i filamenti di sangue disegnare le sottili vene che ne esaltavano il niveo biancore. Si chiedeva cosa facesse lì, in quel luogo dimenticato dal dio come dall’uomo. La barba incolta di giorni, forse settimane iniziava a prudere e i vestiti cominciavano ad emanare un odore di marcio. Dopo un’ultima smorfia allo specchio, rivolta a sé stesso come insulto gratuito, nella piena convinzione di meritarlo, si diresse verso la finestra. Al di là dei vetri opacizzati dall’età, vedeva il cielo rosso come fuoco e la terra nera come inchiostro. Non vi era anima viva, nessuno verso destra, nessuno verso sinistra, nessuno all’orizzonte. E non si udiva alcunché, nessun suono da sopra, nessun suono da sotto. Un sibilo di vento sollevò lesto il pulviscolo che ricoprì il p

Dicembre

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  Scrooge scaccia il primo dei tre spiriti. Jonh Leech, 1843 Questa non vuole essere una poesia, ma soltanto un’opinione mia, di quel che questo mese sia per tutta l’allegra compagnia.   Non m’importa delle rime né tantomeno di far stime, ma se qualcosa devo dire, infine questo è ciò che il mio cuore esprime.   Qui la neve la si vede ogni trent’anni, le vacanze sono nostalgia lontana, le luci il lusso del non vedente.   I colori, le forme e i sapori si confondono in una quadriglia improvvisata da chi per tutto l’anno non muove un passo.   E poi c’è da correre e d’affannarsi nella gara più folle e più attesa, al solo scopo di volersi più bene.   Il freddo ha imparato a camminare carponi, per non farsi vedere. E si torna a fingere di saper amare.   E non c’è più silenzi né solitudini, non c’è tempo per pensare e non c’è lacrima che tenga.   Nel dodicesimo tutto s’arresta. Il cammino del vecchio qui trova il suo tempo, che il nuovo rincorre per quello che resta.

Come il sole di mezzanotte

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  Pandora. Dante Gabriel Rossetti, 1869 Come il sole di mezzanotte irrompe un raggio di fiele nell’oscurità del desio. Uno squarcio di luce cavalca furioso tra i sensi e le impasse, brucia radioso sul fondo del bicchiere.   Come il sole di mezzanotte arde lampante la fiamma del dolore. Porterà la sapienza nel mondo che si spegne, affievolendosi al refolo del tuo alito.   Come il sole di mezzanotte s’inerpica verso il divino, dove le anime perdute hanno dimora. Lì troverai anche la mia quando, stanco, tornerai.

Cenere

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  Ogni 3 giorni - If you were in my shoes. Laika MCMLIV, 2021 Sono scesa giù nell’inferno, ne conosco ogni piccola intercapedine, mi sono fatta coccolare, consolare, cullare e abbindolare dalle sue fiamme calde e avvolgenti; ne conosco forma e colore, finanche il sapore, pungente e amaro, ma in quei momenti mi sembrava il sapore più delizioso del mondo. È stato difficile risalire, abbandonare la certezza di quei sapori, così chiari e definiti che la mia lingua conosceva bene, quel calore morbido e soffocante al quale le mie carni si erano abituate e assuefatte. Ma eccomi qui, sana e salva, con le tasche piene di cenere e le cornee ustionate. Sarà forse l’amore un’illusione, al pari del rispetto e della buona educazione? Sarà forse che siamo noi troppo indaffarate ad amare, tanto da non accorgerci di tutto quello che gira intorno? Sarà forse una conseguenza da eccesso di amore, come lo zucchero per il pancreas, come il sale per il cuore? Sarà forse per egoismo e malato egocent

Dell'eterno amore

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  La mélodie oubliée. Luo Li Pong, 2017 Fresco profumo di un fiorente prato dai fili d’erba smossi dal vento, culla ancestrale di mondo e conoscenza.   Divina presenza, perpetua madre. Dolce e carnale sogno, palpabile desiderio terreno.   D’ambra, di fieno, d’ebano e di perla, soffice derma ardente e odoroso. Padrona infernale dei sensi umani.   Tra le sue braccia v’è conforto, nel suo seno v’è la vita. Nei suoi occhi s’infrange l’oceano, che smuove i monti e trabocca i fiumi.   Dai suoi lombi origina la stirpe che la condannò. Martire casuale, regina del castello.   Divina provvidenza, perpetua reminiscenza. Le sue brame, cosparse d’incensi portati dal vento verso terre lontane tramutano ogni cuore.   Suo è questo luogo di eterna perdizione. Suo è la saggezza e la forza. Suo è il potere dell’eterno amore.

Luna

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  Il principio del piacere (Ritratto di Edward James). René Magritte, 1937 Quella mattina Luna si stava preparando per andare sulla spiaggia, quando all’improvviso le si piantò davanti un suo amico. Luna fece un balzo portandosi la mano al petto. Le propose di andare con lui per una gita fuori porta. “Quando?”. “Ora”. Luna rimase spiazzata, ma disse di sì, le sembrava una meta bella e divertente, una di quelle mete che appena ti capita l’occasione la devi cogliere al volo. Forse però il problema sarebbero stati i suoi pantaloncini, forse troppo corti, e poi indossava anche il costume da bagno, ma il suo amico le rassicurò che andava bene così, in fondo avrebbero trovato il mare anche lì. Mollò la borsa con la crema solare e l’asciugamano e prese quella con dentro tutto il resto.   Il lungomare ed il suo molo, in quel giorno di inizio maggio, erano avvolti da un vento che agitava il mare come anche i suoi nervi, che per dar retta al suo spavaldo amico ora aveva le gambe ch